16.03.2023
Biblioteca e Polo Culturale: a che punto siamo?
Pubblicato il 16.03.2023

A commento della presentazione dello studio Groma

Sabato 11 marzo la Fondazione Guelpa ha presentato i risultati dello studio “Groma” commissionato all’Alta Scuola Politecnica del Poli-To e Poli-MI per definire i contorni di un nuovo Polo Culturale ad Ivrea. Chi si attendeva di vedere soluzioni architettoniche o magari anche solo un bozzetto della futura e sempre misteriosa biblioteca civica, è rimasto deluso. D’altra parte, l’obiettivo dello studio non era quello di prefigurare esiti formali ma di ragionare attorno ai principi fondativi del Polo, all’interno di un’esercitazione accademica a cui non è legittimo chiedere altro se non una riflessione con lo spirito visionario e libero concesso a chi deve indicare una strada senza preoccuparsi dei modi con cui raggiungere la destinazione. Anche per questo il valore consulenziale dello studio Groma per la definizione di programmi concreti è da considerare con cautela; nessuno si illuda quindi che esso esaurisca il tema e offra soluzioni immediatamente operative.

Accontentiamoci del fatto che abbia aperto la discussione. Il merito dello studio sta infatti nell’analisi del contesto e nell’aver prefigurato un Polo Culturale diffuso che coinvolge – più e meglio dei tentativi precedenti – la città storica e quella moderna. Supporre di generare tre luoghi di conservazione e produzione culturale all’interno di altrettanti contenitori urbani collocati sulle due rive opposte della Dora è idea (quasi) nuova che apre prospettive alla rigenerazione dell’area del Sito Unesco. Peccato che lo studio sorvoli sul fatto che uno solo degli edifici è di proprietà comunale mentre gli altri appartengono a una società privata che non risulta coinvolta nello studio. Come spesso accade nelle simulazioni scolastiche, lo studio fa perciò i conti senza l’oste, manifestando però un inedito interesse per due edifici industriali in disuso e dalla difficile collocazione (la Centrale Tecnologica e il Centro Meccanografico Olivetti), che non mancherà di influire – quando si dovesse passare dalla teoria alla pratica – sul loro prezzo di vendita. Un errore che ha già compromesso la realizzabilità del precedente Polo culturale previsto presso l’edificio dei Mattoni Rossi.

Che si debba trovare una nuova destinazione ai grandi contenitori del patrimonio olivettiano è un fatto sacrosanto. Che ciò sia possibile a breve e a costi accettabili come suppone lo studio, è invece cosa tutta da esplorare in modo concreto al di fuori del perimetro di un’esercitazione didattica.

Appare meritorio invece il ragionamento attorno alla possibilità di mettere a sistema gli archivi civici (ma perché non anche quelli privati presenti a Ivrea con importanti fondi?) per dare forma ad un Museo della Città dell’Uomo che a partire dalla straordinaria esperienza della Olivetti diventi centro di produzione culturale rivolto ad un pubblico più vasto di quello della città. Ma questo è un obiettivo che oggi la città non può affrontare se non – come fa Groma – in termini generali e di prospettiva futura. Nei prossimi anni l’impegno di bilancio per spese di investimento sarà elevato e le strutture tecniche del comune oberate nel cercar di gestire al meglio i progetti del PNRR; quindi, anche i termini temporali proposti dallo studio che fissano una dead line a fine 2024 appaiono piuttosto irrealistici.

C’è invece un tema che richiede già da ora un’attenzione particolare: quello della riorganizzazione del Polo di piazza Ottinetti e della costruzione della nuova Biblioteca civica. E qui – dove la cosa si fa più concreta e realistica – lo studio Groma mostra la sua debolezza, offrendo una soluzione diligente ma incapace di cogliere l’importanza strategica del tema. Confermando l’uso dei locali di piazza Ottinetti per attività connesse al Polo culturale e la collocazione della nuova biblioteca sull’impronta del vecchio Cena con una scelta invero poco coraggiose per dei giovani progettisti urbani, condanna piazza Ottinetti al suo destino di luogo estraneo ai flussi interni al centro storico. Senza un’azione coraggiosa che metta a disposizione di attività attrattive (commerciali, ricreative ecc.) gli spazi al piano terreno e senza generare un flusso trasversale tra via Palestro e la parte alta del centro storico attraverso la piazza e gli spazi retrostanti – finalmente resi porosi alla città – quel grande spazio non farà infatti mai pienamente parte del quadro urbano di Ivrea. Resterà luogo vago e inutile se non nei tre giorni del carnevale o in nei rari momenti in cui vi si svolgono attività marginali.

Data l’indeterminatezza della proposta e la sua sfasatura rispetto ai veri obiettivi della città, fa quindi una certa impressione sentir dire dalla tutor che lo studio costituirà la base per il bando di concorso per la nuova biblioteca. L’importanza del tema richiederebbe infatti ben altra riflessione, magari frutto di un vero processo partecipativo, per affidare ad una matura decisione tecnica e politica – e non solo a una tesi di laurea – i destini di una porzione così importante di Ivrea.

Viene perciò il dubbio che Groma – magari a “sua insaputa” – non sia l’esercitazione ingenua e scientificamente neutra che crede di essere, ma uno strumento al servizio della frenesia edificatoria che pare aver investito la giunta uscente sul finire di legislatura e che rischia – come tutte le cose figlie dalla fretta – di non fare del bene alla città.

Enrico Giacopelli